L’uscita di casa dei figli è un momento di passaggio, all’interno del ciclo di vita di una famiglia, spesso carico di timori e difficoltà, ma può rappresentare anche una fase evolutiva, in cui il nucleo originario diventa un trampolino di lancio per i figli, dando al tempo stesso la possibilità alla coppia di reinvestire nel proprio progetto di vita insieme.
Quella che viene comunemente definita sindrome da nido vuoto può riguardare sia le mamme che i papà: sensazioni di tristezza e solitudine, accompagnati da un senso di vuoto, in alcuni casi di inutilità o perdita di senso. A volte si possono riscontrare difficoltà a concentrarsi, fatica e una sensazione di preoccupazione eccessiva e diffusa.
Per poter prevenire e affrontare al meglio questo momento di passaggio è importante considerare tre dimensioni: la dimensione individuale, la relazione coniugale e il rapporto genitori-figli.
- DIMENSIONE INDIVIDUALE: Le persone più vulnerabili rispetto alla sindrome da nido vuoto sono coloro che nel corso degli anni si sono identificati principalmente nel proprio ruolo di genitore, chi ha vissuto per la maggior parte in funzione dei bisogni della propria prole e faticando a coltivare un proprio spazio individuale. Può essere proprio questo il momento in cui, alleggeriti dai compiti di cura verso i figli, ci si può riappropriare di una propria dimensione, prendendosi maggiormente cura di sé stessi e dando voce ai propri desideri.
- RIPENSARE LA RELAZIONE CONIUGALE: I partner che si sono percepiti per tanto tempo quasi esclusivamente come genitori, si ritrovano in questa fase a fare i conti con la dimensione di coppia. Dopo la destabilizzazione iniziale, sarà bello poter reinvestire energie emotive e fisiche nella relazione stessa: è’ il momento di riscoprirsi coppia, poter fare dei progetti, pensarsi ancora insieme e divertirsi come quando non c’era la responsabilità dei figli.
- RAPPORTO GENITORI-FIGLI: E’ importante poter ridefinire la relazione genitori-figli, “aggiornandola” alla nuova fase di vita, con padri e madri da un lato che riescano a riconoscere e accettare l’autonomia dei propri figli e le loro scelte, magari non sempre appieno condivise, e giovani dall’altro, che possano uscire dal nucleo originario per percepirsi come legati, ma differenziati. Ciò non significa l’interruzione dei rapporti familiari, ma una riorganizzazione di essi.