Sindrome di Linus

Molte volte abbiamo sentito parlare della famosa coperta di Linus e ognuno ha dato la sua personale interpretazione. Se il lettore vuole meglio orientarsi all’interno di quella che è una vera e propria sindrome, dobbiamo ricordarci chi è Linus. Linus, nella serie di fumetti intitolati “Peanuts” è un bambino sensibile e costruttivo, ed è con lui che suo fratello Charlie Brown ragiona sul senso della vita e sulle cose. E’ un genio precoce, perso nella sua musica, ma complessato e psicologicamente fragile, che va in pezzi senza la sua coperta di flanella che gli dà sicurezza. Linus riesce a dare una prospettiva alla sua vita mentre si succhia il pollice e, sebbene conosca il vero significato del Natale, si ostina a credere nel grande cocomero.

Dal personaggio dei fumetti è stato tratto il nome di una sindrome fino a oggi saltuariamente riconosciuta

  • Il  cui primo sintomo è la grande paura di essere giudicati degli incapaci o  degli imbranati
  • Il  secondo la voglia irrefrenabile di chiudersi in casa evitando qualunque      situazione sociale.

La sindrome di Linus consiste nella timidezza patologica che porta alla fobia sociale: un disturbo in aumento tra gli adolescenti, che colpisce un ragazzo su tre.
La coperta di Linus diventa un’ancora di conforto necessaria per eclissarsi e sentirsi normali.
L’acquisizione di fiducia in sé stessi richiede una naturale separazione fra genitore e figlio (come l’uccello che lascia il nido e impara volare) in modo che il bambino possa sviluppare l’indipendenza per verificare la conoscenza di sé. Purtroppo non sempre questo percorso si compie.

Quali sono i primi campanelli di allarme?

E’ un  disturbo in crescita che oggi viene anche maggiormente riconosciuto rispetto al passato in cui il ragazzo comincia a manifestare una forte paura di essere giudicato. Inizia, così, a evitare tutte le occasioni di contatto sociale: non ha più voglia, ad esempio, di andare alle feste ed evidenzia un grande timore di esibirsi, a partire dalle interrogazioni scolastiche. In altre parole, l’adolescente diventa inibito sul piano dei rapporti sociali.

In vari casi, inoltre può esordire anche con disturbi di tipo psicosomatico, come ansia e mal di testa.

Il variegato mondo adolescenziale e’ contrassegnato da una molteplicità di malesseri, complici i nuovi stili di vita e le pressioni sociali a cui spesso i ragazzi sono sottoposti. Il più delle volte, si tratta di segnali apparentemente ”innocui” o di condotte facilmente sottovalutabili che invece, possono nascondere patologie gravi. Un altro esempio e’ l’impulsività persistente: ovvero un comportamento di risposta rapida agli eventi esterni con una scarsa valutazione delle conseguenze negative possibili. E’ un po’ la filosofia di privilegiare un uovo oggi alla gallina domani cioè preferire un risultato piccolo ma immediato oggi piuttosto che una soddisfazione maggiore ma procrastinata nel tempo. Un atteggiamento che in molti adolescenti indica l’incapacità di tollerare le frustrazioni.

Che conseguenze può avere?

Da questa prima fase, poi, il passo verso la depressione, e’ purtroppo breve in molti casi. E’ quindi un disturbo da non prendere sotto gamba, anche perché può aprire le porte a forme di dipendenza gravi, come l’abuso di alcol e sostanze stupefacenti.

Cosa è bene fare quando notiamo questi sintomi nei nostri figli?

Innanzitutto non farsi prendere dal panico ma parlare apertamente con il figlio, porgli delle domande senza avere però un tono inquisitorio o giudicante. E’ importante fargli capire che si chiede non per invadere i suoi spazi ma per sapere, perché gli si vuol bene. Accogliere il suo disagio, essere comprensivi, ascoltarlo, getteranno le prime importanti basi per rivolgersi in seguito ad uno psicoterapeuta ed intraprendere un cammino che aiuti il giovane ad abbandonare la sua “coperta” e a riprendere in mano la sua vita.