Perché si comunica attraverso le chat?
Comunicare attraverso la chat permette una protezione dell’anonimato. Proprio questo anonimato o il celarsi dietro i nickname (gli pseudonimi utilizzati per farsi riconoscere in chat) rappresenta uno degli aspetti più interessati del fenomeno. La chat consente di giocare con la propria identità, di scegliere di mostrare solo gli aspetti della personalità ritenuti più interessanti. Tutto ciò contribuisce al superamento illusorio delle barriere, soprattutto psicologiche che frustano la vita di relazione nella realtà. La timidezza viene superata grazie alla protezione offerta dal mezzo e la capacità di socializzare se ne avvantaggia notevolmente. La maggior parte dei chattatori dichiara di confidare sinceramente aspetti della propria vita privata e usa la chat come un mezzo che avvicina gli altri. L’anonimato facilita l’apertura e il dialogo. Di solito ci si svela lentamente, solo quando si sente che si può essere compresi; l’investimento affettivo, emozionale è possibile perché c’è distanza e quindi è un tentativo che si può fare a piccoli passi per vedere se funziona.
Ci sono differenze tra uomini e donne?
Generalmente le donne chattano per fare amicizie, perché sono reduci da un’esperienza negativa, considerano la chat un luogo di ascolto dove i loro disagi, i loro bisogni vengono accolti in modo veloce e privato. Gli uomini invece quando dall’altra parte del monitor c’è una donna, richiedono foto, numero di telefono e frequenti sono i tentativi di deviare la conversazione su argomenti esplicitamente sessuali.
Assistiamo oggi all’esplosione degli amori virtuali, come mai?
La relazione on line è percepita come più controllabile rispetto alla relazione reale. Le donne cercano generalmente qualcosa di più, rapporti più intensi e intimi e non è difficile ipotizzare all’origine di questa ricerca, una profonda insoddisfazione. Le chattatrici, a differenza degli uomini, non manifestano un grande bisogno di incontrare personalmente il compagno virtuale.
Il partner in rete piace, all’inizio, per quello che dice e per come lo dice. L’innamorato virtuale crede di sapere cosa pensa l’altro, ha la sensazione di aver saputo leggere tra le righe, di conoscere tutto della sua vita, del suo passato e del suo presente,ha la certezza ricogliere i desideri e le aspettative, pensa di saperne di più di chi gli vive accanto. Spesso una fotografia ricevuta via e-mail è sufficiente a convincersi di conoscere bene anche l’aspetto fisico dell’interlocutore.
Ci si innamora di un’idea, di un sogno, riempiendo gli inevitabili vuoti di identità dell’altro con parti di sé proiettate. Spesso, con l’incontro nella realtà, arriva puntuale anche la delusione. La delusione-disillusione che si realizza nell’incontro reale con chi non corrisponde alle aspettative riporta inesorabilmente alla propria irrisolta solitudine. Sul web avvengono indubbiamente degli incontri ma molto più raramente delle relazioni. Un legame può consolidarsi nella realtà solo quando, e i casi non sono molto frequenti, gli scambi virtuali trovano riscontro nel contatto reale tra le due persone.
Le chat hanno cambiato le persone?
No, non c’è stato un cambiamento nelle persone con l’avvento delle chat, hanno solo reso possibile esternare certe istanze precedentemente soffocate. Con questo potente mezzo certe proposte diventano legittime e viene superata la comune tendenza alla repressione di certi istinti.
L’incontro con persone diverse dà vita a confronti e scambi culturali nel corso dei quali si possono approfondire interessi e tematiche di ogni tipo. Le comunità virtuali presenti in internet possono supplire all’assenza di comunità reali, rendendo possibile, forse,illusoriamente, il superamento della solitudine, la costruzione di appartenenze e di relazioni significative, la condivisione di interessi, valori, storie, il raggiungimento di un senso di vicinanza emotiva e di partecipazione ad una collettività.
La chat può avere quindi risvolti positivi se usata consapevolmente?
Certamente. Come ogni altra innovazione tecnologica, il web consente sotto molti aspetti, un miglioramento nella vita delle persone ma allo stesso tempo rappresenta anche un elemento potenzialmente destabilizzante per chi non ne sappia usufruire in maniera adeguata.
Quando alla solitudine si aggiunge il peso della colpa per aver trascurato il partner o i familiari dedicando il proprio tempo e le proprie energie al mondo virtuale, può innescarsi un circolo vizioso del tutto simile a quello dell’alcolista: bere per dimenticare i problemi sentendosi poi peggio e provando ancora più intensamente il desiderio di bere. Le connessioni ad internet possono farsi più frequenti e più lunghe,, alla ricerca di un rimedio in grado di placare le sensazioni dolorose e di quell’eccitazione provata nell’ultima visita ad una chat. Questa dipendenza viene chiamata IAD (Internet addiction disorder) ed esiste ormai una nutrita bibliografia in merito.
Naturalmente non tutte le persone che usano internet ne diventano dipendenti. Il profilo del soggetto a rischio rivela una personalità caratterizzata da una spiccata sensibilità, tendenza ad isolarsi e ad evitare di esporsi al contatto sociale.
Da dove deriva il rischio patologico dell’uso della rete?
Dalle caratteristiche stesse della comunicazione telematica che consentirebbero al soggetto predisposto di vivere una condizione di illusoria onnipotenza (posso essere tutto ciò che desidero). Improvvisamente è consentito vivere gli istinti più minacciosi con la sensazione di rimanere al sicuro; si liberano parti di sé che potrebbero sfuggire al controllo. L’utilizzo di più nickname, le molteplici relazioni vissute contemporaneamente in chat, l’anonimato, possono procurare una frammentazione della percezione del sé. Si possono intraprendere una varietà di ruoli e concedere solo frammenti di sé. Il rischio è quello di allontanarsi dal vero sé. Si crea una confusione nella distinzione tra reale e virtuale e non si comprende più cosa fa parte realmente di sé e cosa possibile sperimentare solo virtualmente.
L’uso della chat inoltre può anche provocare un altro fenomeno: la percezione alterata del tempo. La comunicazione in chat è più lenta di quella verbale ed è facile non accorgersi di rimanere collegati molto tempo.