Spesso nei conflitti relativi all’affidamento dei figli minori di una coppia il CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) nominato dal Giudice per rispondere ai quesiti in merito all’ affidamento, consigliava ad uno o entrambi i genitori un percorso psicoterapeutico individuale o un percorso di potenziamento delle competenze genitoriali, al fine di garantire al minore uno sviluppo psico-fisico adeguato. Il Giudice, in presenza di questi consigli del CTU, prescriveva il percorso di psicoterapia o mediazione nella sua sentenza. In qualche caso, lo stesso affidamento definitivo era legato al buon esito del percorso terapeutico o di sostegno alla genitorialità. In molti casi il livello del conflitto fra le parti, infatti, nasconde una immaturità affettiva che fa prevalere le ragioni personali, dimenticandosi delle necessità dei figli.
Con la Sentenza della Corte di Cassazione del 1 Luglio 2015 n.13506, queste prescrizioni non potranno più essere effettuate dai giudici.
La motivazione della corte di Cassazione è che una imposizione ad effettuare un percorso psicoterapeutico o di mediazione familiare è lesiva del diritto alla libertà personale costituzionalmente garantito e non si prefigura come quei casi previsti dalla legge relativi ai trattamenti sanitari obbligatori. In altre parole, non essendo interventi configurabili come TSO (Trattamenti Sanitari Obbligatori), che sono regolati da contesti e tempistiche particolari, il Giudice non può costringere nessuno a fare percorsi per abbassare il conflitto e aumentare le capacità genitoriali.
Rimane la facoltà di prescrivere il monitoraggio della situazione e del livello di conflitto da parte dei servizi sociali.
A dire la verità, aldilà della questione meramente legale, la motivazione di base di un cambiamento dovrebbe infatti essere una scelta personale, altrimenti potrebbe essere vissuta solo come una imposizione e come tale non portare alcun miglioramento. Tuttavia, in diversi casi, i genitori hanno avuto un aumento della consapevolezza del livello del conflitto al quale erano arrivati e della “cecità temporanea” rispetto ai bisogni dei figli che da esso derivava.