Già Aristotele credeva che la letteratura potesse guarire le persone e gli antichi romani riconobbero l’esistenza di un rapporto tra medicina e lettura. Nel 1937, lo psichiatra W.C. Menninger iniziò a parlare di libro-terapia utilizzando la tecnica nel trattamento della malattia mentale. Negli Stati Uniti e in Inghilterra, la biblioterapia è più diffusa e sono molti gli studi internazionali che ne attestano la validità nel trattamento di vari disturbi psichici dell’età adulta ma anche evolutiva.
La biblioterapia è intesa in vari modi: come terapia, come strumento per risolvere problemi, come confronto con altre esperienze. Noi preferiamo pensare ai libri come occasione di crescita personale. È provato da diversi studi che chi legge acquisisce un maggior numero di parole per esprimersi, affina la capacità di mettersi nei panni degli altri, la sensibilità, la capacità di tradurre ciò che sente.
Ma quali sono i disturbi che più si prestano ad essere curati con il sostegno della lettura? Principalmente quelli legati alla sfera dell’umore e alle condizioni patologiche derivate da perdita del lavoro, la fine di un amore, un lutto in famiglia o semplicemente una fase depressiva. Se il momento che si sta vivendo è critico, la lettura del libro giusto può aiutare a “guarire” o almeno a migliorare.
La biblioterapia può essere applicata nell’ambito della psicoterapia per la cura di disturbi di lieve e media entità come i disturbi dell’umore e del comportamento alimentare e le varie forme di dipendenza, dall’alcol, alla droga alla ludopatia. È importante però chiarire che la sola lettura di un libro non può guarire, ma può avere una efficacia se integrata in un percorso di psicoterapia.