Uno il coraggio se non ce l’ha, non se lo può dare. È un’apparente verità che sperimentiamo tutti i giorni, in particolare quando, dopo aver intrapreso un’iniziativa, alle prime difficoltà molliamo, con la certezza di non farcela. All’inizio c’è entusiasmo, magari anche tanto, ma poi, man mano che si incontrano ostacoli, c’è chi si scoraggia e finisce per mollare. Qualcuno lo fa fin dalla prima difficoltà, vedendo il segno di un fallimento scontato, altri reggono per un po’ ma poi si appellano ai fallimenti passati come impronta di un destino già scritti.
È così che storie d’amore e d’amicizia, ruoli educativi e genitoriali, progetti di vita e di creatività, percorsi professionali e psicologici, perdono di incisività, restano parziali o si concludono malamente. In ogni caso non diventano ciò che potrebbero o dovrebbero diventare.
Saper vivere bene lo scoramento diventa dunque, oggi più che mai, un passo fondamentale per affrontare la complessità della vita. Prima o poi la crisi, la difficoltà, l’imprevisto si palesano sulla nostra strada e fanno delle domande, ci obbligano a rielaborare le strategie.
Il coraggio non è qualcosa di già pronto, di preconfezionato, ma è un’opzione che, di volta in volta, deve essere creata e messa in atto su misura per le specifiche situazioni. Alla base di tutto, come sempre, ci deve essere la disponibilità a modificare l’immagine standard che abbiamo di noi stessi e a incontrare la vita nella sua poliedricità.
Coraggio non è andare contro l’ostacolo, è osservarlo da un’angolazione diversa, e scoprire magari un passaggio segreto; a volte diventa l’innesco di un’evoluzione che, senza di esso, forse non si sarebbe mai raggiunta.